Le letture dell’Ascensione del Signore sono disponibili al seguente link, cliccando qui.
Riflessione
“Nel tuo Figlio asceso al cielo la nostra umanità è innalzata” (Colletta)
Il Signore Gesù, salendo al cielo, conduce nel rapporto con il Padre l’umanità alla quale ha legato la propria vita con l’Incarnazione, la Passione, la Morte e la Risurrezione.
Provo a condividere alcune considerazioni.
1) Noi cristiani, in questa vita terrena, non navighiamo “a vista”: conosciamo la meta; ci è nota la via per raggiungerla; sappiamo qual è la nostra responsabilità.
2) Nel Vangelo secondo Marco, l’Ascensione di Gesù è strettamente collegata con la missione della Chiesa: dunque non segna una fine, ma l’inizio di un cammino.
3) Missione della Chiesa è la testimonianza, resa possibile dal dono dello Spirito Santo (prima lettura).
Nessuno può rendere testimonianza al Figlio (Gesù) se la sua vita non è segnata da un modo di esistere “secondo Dio”, in relazione con il Padre e con i fratelli: questo è “frutto dell’opera dello Spirito Santo”. La missione della Chiesa ha le sue radici nella comunione: è lo Spirito che ci rende capaci di “vivere in comunione”, perché “riversa nei nostri cuori l’amore di Dio Padre e del Figlio”.
4) “…mentre si trovava a tavola con essi”(prima lettura)
Il pasto (raccontato nella prima lettura) fa riferimento all’Ultima Cena e all’Eucaristia: è nel “pasto eucaristico” che il Signore Gesù si manifesta e parla alla sua Chiesa. Noi cristiani abbiamo qualcosa da dire al mondo proprio e soltanto perché per mezzo dello Spirito Santo, in comunione con il Figlio Gesù, portiamo la nostra vita e la vita del mondo verso il loro compimento, affidandoli all’amore del Padre.
5) “Questi saranno i segni…” (vangelo)
Così, e solo così, sono da intendere i cinque segni elencati nel Vangelo secondo Marco.
- “scacciare i demoni”: superare e sconfiggere tutto ciò che separa, divide e allontana la nostra vita dai rapporti spersonalizzandola.
- “parlare lingue nuove”: cercare in ogni modo il dialogo, rinunciando a scelte di vita che mettono noi stessi al centro.
- “prendere in mano i serpenti”: imparare a fare i conti con le proprie paure, affrontando con umiltà e determinazione i nostri limiti e le nostre immaturità (umane e di fede).
- “bere il veleno”: vigilare perché nessuna malizia o maldicenza possa intaccare o indebolire l’integrità della nostra appartenenza di battezzati al Signore Gesù.
- “imporre le mani ai malati, portare guarigione”: non avere paura del contatto e della relazione, soprattutto quando l’altro manifesta evidenti i segni della fragilità.
Ogni partecipazione all’Eucaristia dovrebbe e potrebbe rinnovare in noi questa grazia.