Le letture della Solennità dell’Ascensione del Signore sono disponibili al seguente link, cliccando qui.
Riflessione
Nell’attesa che la Pasqua trovi spazio per compiersi nei loro cuori accogliendo lo Spirito di Gesù, i discepoli sono ancora lì, bloccati dentro il Cenacolo. Da un punto di vista soltanto terreno, il quadro della situazione è desolante: parla di un fallimento e di una sconfitta.
Anche oggi a noi come allora ai discepoli, sembra che siano le logiche di questo mondo a trionfare: vincono sempre i violenti, gli arroganti, gli arrivisti; il successo si costruisce sul disprezzo degli altri e sulla loro disperazione; l’umanità sembra prigioniera di mentalità perverse e assurde.
Così diventiamo anche noi tristi e sgomenti: il nostro sguardo si abbassa; ci sentiamo come imprigionati, senza via di uscita; la nostra vita si trasforma in una lamentela che rinuncia a guardare oltre il presente; finiamo per leggere la vita umana come un’esistenza senza sbocchi; ci ritroviamo tra quelli che non hanno speranza e hanno come unica prospettiva la fine di ogni cosa.
“Così sta scritto” (vangelo)
Siamo alla fine del Vangelo di Luca; Gesù invita i suoi discepoli ad alzare lo sguardo. Assistiamo a una specie di alfabetizzazione: Gesù insegna ai discepoli a leggere la sua e la nostra vicenda umana alla luce della sua Parola; a ricomporre i frammenti dell’esistenza, come trasformando lettere singole in frasi che parlano dell’amore di Dio per noi.
“Si prostrarono davanti a lui” (vangelo)
Il Vangelo che abbiamo ascoltato è molto simile alla Liturgia che celebriamo ogni domenica per riscoprire e rafforzare questo modo nuovo di guardare alla vita: quello della fede.
Inizia con l’ascolto della Parola: parole che nutrono la nostra fede e cambiano la prospettiva sulla nostra vita; ci ricordano che Dio ci ama, anche quando ci sentiamo soli e abbandonati da Lui.
Continua con l’invocazione dello Spirito Santo e della sua forza vitale: come ha mantenuto la promessa di mandare il Figlio, così ora Dio porta a compimento la promessa di inviare lo Spirito Santo. Avviene questo anche quando invochiamo lo Spirito perché trasformi il pane e il vino nel Corpo e nel Sangue di Gesù.
“Di questo voi siete testimoni” (vangelo)
Lo Spirito Santo ci è donato per trasformarci in testimoni: da soli non ne saremmo capaci. Siamo chiamati a testimoniare prima di tutto e fondamentalmente attraverso le relazioni che viviamo tra di noi: non possiamo testimoniare Dio che è comunione, se tra noi regna la divisione; non possiamo testimoniare Dio che è perdono, se siamo guidati dal rancore e dall’intolleranza.
“Poi li condusse fuori” (vangelo)
Il verbo “educare” significa proprio questo: “condurre fuori”, trasmettendo il desiderio e la volontà di “stare a contatto” con lo smarrimento, di confrontarci con quello che ci sgomenta; traghettare oltre la paura. Talvolta ho la sensazione che abbiamo perso la capacità di educare; oppure che ci rinunciamo per stanchezza o per sfiducia.
“Alzate le mani, li benedisse” (vangelo)
Questo della benedizione è l’ultimo gesto della vita condivisa dal Figlio di Dio con la nostra umanità: un gesto di affetto, nonostante le nostre ambiguità e i nostri fallimenti. Dobbiamo accogliere questa benedizione, perché entri in noi e plasmi la nostra vita, come ha trasformato la vita dei discepoli: “tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio, lodando Dio”.
Con il Natale Dio, nel suo amore, si è abbassato fino ad assumere la nostra condizione umana; con l’Ascensione Dio ci chiama ad allungare lo sguardo verso una meta che è al di là della nostra condizione umana.
“Concedi che i nostri cuori dimorino nei cieli, dove noi crediamo che è asceso il tuo Unigenito, nostro redentore” (colletta).