Le letture della II Domenica di Pasqua sono disponibili al seguente link, cliccando qui.
Riflessione
Nel vangelo di questa seconda domenica di Pasqua, mi ha colpito fin dall’inizio la somiglianza tra la comunità di allora (quella degli apostoli) e la nostra comunità di oggi:
- Il tornare a riunirsi (o almeno la possibilità di farlo!) per alimentare la fiducia (la fede!), la speranza e la carità, incontrando il Signore Risorto;
- Il sentirsi impauriti, preoccupati, a causa dei dubbi, delle incognite, delle fatiche che accompagnano la nostra vita sempre, ma talvolta (come di questi tempi) con una pesantezza più prolungata, difficile da sopportare.
“Venne Gesù, a porte chiuse”
È davvero prezioso e denso di significato questo mostrarsi di Gesù ai discepoli: ci ricorda che la Pasqua del Signore è veramente una creazione nuova: il corpo (la corporeità umana) vive una qualità totalmente nuova, mai conosciuta, perciò difficile da immaginare. Come ci ricorda l’apostolo Giovanni (seconda lettura) la Pasqua di Gesù ha generato anche noi a vita nuova da figli (nel Battesimo).
Si tratta ora di “vincere il mondo”: una struttura di vita umana che sceglie di sfuggire a questo incontro con la Pasqua di Gesù, per continuare a costruirsi su regole e valori che non si riferiscono alla nuova creazione; alimentano proprio quegli stili di vita che accentuano le fatiche e le difficoltà che travolgono la nostra vita.
“Gesù stette in mezzo”: al centro della nostra vita, della storia, del mondo; se, nella fede, cerchiamo l’incontro con lui e gli lasciamo spazio.
“Disse loro:<Pace a voi!>… mostrò loro le mani e il fianco”
Lo “shalom-pace” è la situazione nuova di una vita che nasce dalla Pasqua: pacificazione totale con tutto e con tutti, benessere che riempie la vita e toglie spazio a dubbi, paure e angosce. Tutto questo è frutto di un amore che si è offerto fino in fondo, fino a donare tutto se stesso.
Le cicatrici, da un lato testimoniano il dono di Gesù, dall’altro riportano in evidenza il venir meno negli apostoli (e in noi!) di un rapporto autentico con il Signore: sensi di colpa, situazioni non risolte, mancata reazione al male. Nessuno di noi è in grado di sistemare da solo la sua storia: almeno non del tutto! E nessun’altra persona umana può risolvere questa nostra situazione: al massimo può accompagnarci con amore.
“Tommaso, uno dei dodici, non era con loro quando venne Gesù”
È così per l’apostolo Tommaso; è così per noi! Tommaso era stato il primo a dire a Gesù di essere pronto a morire con lui e per lui, ma sotto la Croce non c’era: non ha resistito. Anche ora, dopo che Gesù è risorto, è rimasto nelle tenebre del Venerdì Santo: è rimasto “che non c’era”, è rimasto dentro la sua esperienza del male. Ha bisogno di vedere l’umanità di Gesù andare oltre l’esperienza del male e della morte: ecco perché l’incontro con Gesù Risorto è così importante per lui.
Gesù mostra le ferite, ma dona: “Pace”; mostra come si conclude l’esperienza dell’uomo che vive da figlio di Dio.
Gesù dona di nuovo lo Spirito; ridona la vita da figli che aveva già trasmesso quando aveva “emesso lo Spirito” sulla Croce, esalando l’ultimo suo respiro.
Gesù manda a perdonare i peccati in nome suo: ad allontanare da noi il passato di una vita trascorsa nel buio, con le opere frutto di una mentalità sbagliata riguardo alla vita umana.
“Mio Signore e mio Dio”: è la professione di fede più profonda. Gesù, al quale io non sono capace di essere fedele, è il Dio fedele: è il mio Signore.
Alla fine, il dramma spirituale di ciascuno di noi è tutto qui: credere che la mia esperienza di male è inguaribile, oppure credere alla fedeltà di Colui che “mi ha amato fino a donare la sua vita per me” e fino a generarmi a vita nuova?