NOTA: Le letture della III Domenica di Pasqua sono disponibili cliccando qui, in formato stampabile per chi desiderasse seguire la messa in diretta.
I discepoli di Emmaus
“Andà in emèus”
Vi confesso che mi ci è voluto parecchio tempo, prima di collegare questa espressione dialettale con il brano di Vangelo di questa domenica! Lo sappiamo: chi più chi meno, lo stiamo vivendo! Nella vita ci sono momenti di grande fatica, di sofferenza e confusione, in cui non riusciamo a trovare il bandolo di quella matassa che è il nostro vivere: non riusciamo a intravedere con chiarezza le prospettive per il futuro.
L’evangelista Luca dice il nome di uno dei discepoli in cammino verso Emmaus (Cleopa), ma lascia in sospeso il secondo nome. Il secondo discepolo potrebbe rappresentare Luca stesso e la sua storia personale (lui non ha conosciuto Gesù durante la Sua vita terrena e nel momento della Sua Pasqua; è stato raggiunto e chiamato alla fede dal Cristo risorto: come l’apostolo Paolo, come ciascuno di noi). Il secondo discepolo senza nome potrebbe avere il nostro nome. Come i due discepoli, ci troviamo a discutere delle nostre delusioni e tristezze: letteralmente (il vangelo dice) “si buttavano addosso” l’un l’altro il proprio malessere, parole senza speranza. Colpisce la loro tristezza, frutto di un’amara delusione. Sono delusi perché nel loro ragionamento arrivano soltanto fino alla morte del loro “presunto” Messia; il “fallimento” di Gesù (dal punto di vista umano) alimenta nei due discepoli la tristezza e li fa sospettare di aver sbagliato la persona in cui riporre le loro speranze. Ma c’è di più: la delusione arriva addirittura a mettere in dubbio il messaggio delle donne, che annunciava che il Cristo era risorto. Perché essere delusi, invece che esultanti, se Cristo è risorto?
“…i loro occhi erano impediti a riconoscerlo”
Il punto è proprio questo: la delusione per un Messia che non ha restaurato il regno di Davide, un regno terreno. Tanto è vero che Luca, ancora all’inizio degli Atti, annota la domanda dei discepoli: “Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?”. L’attesa di un Messia “terreno” condiziona radicalmente ciò che i discepoli hanno nella mente e nel cuore, i loro desideri e la loro mentalità; stanno ancora pensando ad un regno stabile e definitivo, invincibile secondo questo mondo; ripensano e parlano di una sconfitta, di un fallimento; il loro discutere arriva quasi al litigio. I due discepoli sono talmente immersi nel loro dramma, da non rendersi conto che con loro sta camminando Cristo. I loro occhi erano incapaci di vederlo perché riuscivano a vedere solo ciò che già pensavano. L’attesa della rinascita e dello splendore di un regno umano, la ricerca dell’importanza e del successo hanno impedito loro di lasciarsi sorprendere dalla presenza del Signore. Non solo: quando Gesù comincia a fare domande, lo chiamano “l’unico forestiero a Gerusalemme”, estraneo per la loro vita.
“Stolti e lenti di cuore a credere…”
È proprio grazie alle domande di Gesù che i due discepoli riescono a tirar fuori le loro tristezze, ricordano e rileggono col cuore l’esperienza che hanno vissuto; ora la possono vedere da una prospettiva diversa, alla luce della Parola di Dio (Vangelo) che infonde fiducia e speranza. Il rimprovero di Gesù è accompagnato da una vicinanza che si rinnova: siede a tavola con loro; spezza il pane con loro. Così il loro cuore comincia a scaldarsi. Qui Luca fotografa una realtà che è anche la nostra realtà: tante volte si fanno dei progetti e poi non accade ciò che si attendeva. Allora scattano delusione, discussioni, ricerca dei perché e dei colpevoli; intanto non abbiamo più la capacità di accorgerci della presenza del Signore, nella vita della Chiesa e nostra personale; non siamo più in grado di capire ciò che il Signore ci sta dicendo.
“Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero”
Anche noi siamo chiamati a riconoscere la misteriosa presenza di Gesù che ci accompagna lungo il cammino della nostra vita. Gesù si avvicina a noi con un messaggio da annunciare, ma prima ancora con il desiderio di ascoltare, di comprendere cosa abbiamo nel cuore, di accompagnare i nostri passi incerti. Dobbiamo riconoscerlo: alle volte tra di noi, nella Chiesa, nelle nostre famiglie, nella nostra vita, è difficile scoprire la presenza del Signore. Senza uno sguardo di fede, cioè di accoglienza della nostra vita come dono del Padre, senza esperienza viva e continuata del dono che è il Figlio Gesù (nato, vissuto, morto, risorto per noi e per la nostra salvezza), non si capisce più e non si percorre più la via dell’amore (del dono di sé), cioè la via della pasqua che è fondamentale per dare senso vero alla nostra vita di persone umane e di battezzati. I discepoli non riuscivano ancora ad accettare la Croce. Questa rimane la difficoltà vera, la tentazione permanente per ciascuno di noi, individualmente e come comunità cristiana. Gli occhi dei discepoli, prima della Cena con Gesù, non riuscivano a vederlo mentre era presente; ora lo riconoscono proprio mentre sparisce dalla loro vista.
“Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme…”
Hanno scoperto di essere “rivestiti di Cristo” (Battesimo), di poterlo incontrare (Parola ed Eucaristia), di poter vivere la propria fede in una Comunità (Chiesa).
Rimani con noi Signore
Come i due discepoli del Vangelo,
ti imploriamo, Signore Gesù: rimani con noi!
Tu, divino Viandante,
esperto delle nostre strade
e conoscitore del nostro cuore,
non lasciarci prigionieri delle ombre della sera.
Sostienici nella stanchezza,
perdona i nostri peccati,
orienta i nostri passi sulla via del bene.
Benedici i bambini,
i giovani, gli anziani,
le famiglie, in particolare gli ammalati.
Benedici i sacerdoti e le persone consacrate.
Benedici tutta l’umanità.
Nell’ Eucarestia ti sei fatto “farmaco d’immortalità”
dacci il gusto di una vita piena,
che ci faccia camminare su questa terra
come pellegrini fiduciosi e gioiosi,
guardando sempre al traguardo
della vita che non ha fine.
Rimani con noi, Signore!
Rimani con noi! Amen
Giovanni Paolo II