IV Domenica del Tempo Ordinario (31/01/2021)


IV Domenica del Tempo Ordinario

Le letture della IV Domenica del Tempo Ordinario sono disponibili al seguente link, cliccando qui.

Riflessione

“Ascoltate oggi la voce del Signore” (Salmo Responsoriale)

Mettermi in ascolto oggi della Parola di Dio, si è rivelato per me più faticoso del solito. È molto difficile avere in coscienza la certezza di anche solo assomigliare al “profeta” di cui il Signore parla nella prima lettura (“Egli dirà loro quanto io gli comanderò”), e di riuscire a sottrarmi alla “presunzione di dire in mio nome una cosa che non gli ho comandato di dire”. È molto complicato “prendere la parola” così frequentemente senza “diventare parente” degli scribi della sinagoga di Cafarnao (Vangelo).

E’ fondamentale mettersi di fronte alla “Parola fatta carne” come chi è “nelle tenebre e in regione e ombra di morte”, per capire e accogliere la bellezza e la necessità della luce che è Gesù per noi.

E’ questa luce che rende possibile il “fare me a misura di Dio” (fede), invece che “fare Dio a misura di me” (religiosità).

“Gesù, entrato di sabato nella (loro) sinagoga, cominciò (subito) a insegnare” (Vangelo)

Una prima considerazione. Oggi, qui, si riproduce la medesima situazione: noi tutti formiamo la “sinagoga della Nuova Alleanza”. Una seconda considerazione. Sono rimasto colpito da queste precisazioni presenti nel testo originale del Vangelo secondo Marco.

Gesù, subito, prende le distanze dalla sinagoga (luogo sacro, privilegiato per esprimere e manifestare la religiosità), perché dentro la sinagoga c’è uno “spirito impuro”. La religiosità può condurci a credere che sia l’uomo stesso (con le sue forze, con la sua conoscenza della Parola) a poter superare e annullare la distanza tra Dio e l’uomo; a credere che la relazione con Dio (l’unione con Lui) sia fondata sul mettere in pratica gli insegnamenti per guadagnarsi meriti di fronte a Dio. È questo lo “spirito impuro”: trova spazio là dove gli uomini si convincono che è sufficiente la loro religiosità e non si rendono disponibili all’azione del “Dio che salva”; trova spazio facilmente anche nella comunità cristiana dei battezzati; si può manifestare (ovviamente!) in quelli che non frequentano mai (o lo fanno solo saltuariamente!), ma anche in quelli che frequentano assiduamente. Gesù, subito, prende le distanze da tutto questo; comincia subito ad annunciare il Regno di Dio per chiamarci dalla religiosità alla fede: a scoprire e accogliere con gioia quello che Dio fa per ricostruire il rapporto con l’uomo.

“Insegnava come uno che ha autorità, e non come gli scribi” (Vangelo)

Gli scribi (come il profeta infedele della prima lettura) rischiano di alimentare religiosità, di accontentarsi di religiosità, senza nemmeno più accorgersi dello “spirito impuro”. Ecco perché ho iniziato questa riflessione segnalando la mia “fatica spirituale”. L’autorità di Gesù ha le sue radici nella comunione con il Padre: il Figlio Gesù non dice nulla e non fa nulla che non venga dal Padre.

“Autorità” è una parola che nasce dal verbo “aumentare”: far crescere, allargare gli orizzonti, far intravvedere aspetti sconosciuti, aprire spiragli “nelle tenebre”, far giungere la luce là dove l’uomo “abita in regione e ombra di morte”. Gesù, con la sua “autorità”, è venuto a coinvolgere anche noi in questo rapporto da figli con il Padre.

“Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci?” (Vangelo)

Lo “spirito impuro” parla al plurale: questa mentalità “malata” è diffusa e condivisa da molti. Accogliere Gesù nella propria vita non è mai indolore: sembra che venga a rovinare e a sconvolgere equilibri spirituali ormai consolidati; manda in frantumi tutto quello che parla di chiusura, di mediocrità spirituale. Ma è una “rovina” da cui nasce vita.

È solo nella Liturgia che possiamo incontrare Gesù come fonte di questa vita nuova, quella della fede. La vita sacramentale ci riporta in contatto con l’autorevolezza di Gesù, con la sua vita; è manifestazione, dono e crescita della vita del Padre e del Figlio nello Spirito Santo. Nei sacramenti, la Parola ascoltata e spiegata diventa nutrimento che alimenta la nostra vita di figli nati dal Battesimo.