Le letture della IV Domenica di Pasqua sono disponibili al seguente link, cliccando qui.
Riflessione
Ogni anno, nella quarta domenica di Pasqua, ci si presenta nel vangelo l’immagine di Gesù Buon Pastore e siamo chiamati a confrontarci con il tema delle vocazioni: il riferimento è certamente quello delle vocazioni sacerdotali e religiose (quanto ne abbiamo bisogno!), ma nonpuò prescindere dal considerare la vita umana come risposta a una chiamata del Signore; specialmente per noi battezzati (“immersi nella Pasqua di Gesù”).
In altre parole:
- con la mia vita sto cercando di dare risposta a una chiamata percepita come chiaro punto di riferimento, oppure sto brancolando a tentoni, come chi non ha ancora capito dove indirizzare la propria vita per darle un senso?
- il fatto di essere entrato in rapporto con il Signore Gesù e con la sua Pasqua (con il Battesimo e gli altri sacramenti) incide (e quanto?) sul percepire con chiarezza la chiamata e sulla determinazione con cui rispondo nella vita?
Mi verrebbe voglia di fermarmi qui (e probabilmente farei felici molti!), ma l’immagine del Buon Pastore merita qualche riflessione: a partire dall’aggettivo “buono”. L’aggettivo che qualifica Gesù come Pastore, più che “buono” sarebbe “bello”: capace di una bontà che rende bella la vita, perché la fa diventare rapporto che non considera mai nessuno come merce di scambio. Niente a che vedere con la bellezza estetica! Gesù parla di una bellezza che offre la garanzia di una custodia a oltranza (Salmo); di una intimità a prova di voce. Quella di Gesù è una bellezza che ha le radici nel suo rapporto con il Padre e ha come frutto un dono di sé che giunge fino alla Passione. Nasce da una convinzione: tutto quello che perdi per amore, si conserva misteriosamente e non andrà mai perduto. Quella di Gesù è la bellezza di chi pensa la vita in termini:
- di “appartenenza a qualcuno”, non di “possesso di qualcuno”;
- di intesa, non di prevaricazione;
- di rispetto, non di sopraffazione;
- di custodia attenta, non di mancanza di interesse.
Viviamo dentro una mentalità che ha fatto della bellezza un idolo e tuttavia la conosce solo superficialmente e non dal punto di vista del vangelo: misura tutto secondo i criteri dell’apparire, dell’utilità, del vantaggioso, del tornaconto. Abbiamo bisogno di imparare di nuovo, di educarci ed educare al gratuito e al “per sempre”: secondo il criterio di chiamata/risposta (ad esempio: don Roberto Malgesini; Suor Maria Laura Mainetti).
Sono tante le circostanze che piombano dentro la nostra vita (come il lupo del vangelo): circostanze conflittuali, dolorose, che fanno vacillare anche chi ha fatto delle scelte; al punto di convincerci a salvare noi stessi, abbandonando gli altri al proprio destino.
Gesù, il Pastore “Bello e Buono”, non fugge; crede in qualcosa che vale più della sua stessa vita: il suo legame con il Padre e con noi suoi fratelli.
La prima lettura di oggi esprime questa bellezza in termini di “cura” nei momenti in cui facciamo esperienza della fragilità e del limite: bellezza è l’amore che condivide il dolore. La verità di un rapporto, la forza di un legame diventano manifeste solo quando devono affrontare un cammino tra nuvole, nebbie e bufere.
Gesù, il Pastore Bello e Buono ci chiama e ci guida a vivere la nostra vita in modo “bello e buono”: liberi perché legati; liberi perché figli di Dio (Foglietto).