IV Domenica di Quaresima (14/3/2021)


IV Domenica di Quaresima

Le letture della IV Domenica di Quaresima sono disponibili al seguente link, cliccando qui.

Riflessione

“…non viene alla luce… viene alla luce”

L’ascolto del vangelo secondo Giovanni nelle ultime tre domeniche di Quaresima, ci richiama gli “scrutini” a cui la comunità cristiana sottoponeva i catecumeni adulti, candidati ad essere battezzati nella notte di Pasqua: una verifica seria e profonda, riguardante le motivazioni di fede e la disponibilità alle scelte derivanti dal Battesimo. Noi, battezzati bambini per scelta di altri, dovremmo sentirci per tutta la vita catecumeni post-battesimali, impegnati ogni giorno e ogni domenica a verificare e favorire in noi la crescita della vita da figli di Dio che ci è stata donata; solo a questa condizione dovremmo sentirci autorizzati in coscienza a chiedere il Battesimo per altri bambini.

“Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo”

In queste omelie di Quaresima sto insistendo molto (troppo?) su un altro punto: la differenza tra “religiosità” e “fede”; la necessità che un battezzato passi “dalla religiosità alla fede”. Naturalmente sono ben convinto che la religiosità sia un buon punto di partenza per giungere alla fede, specialmente se rapportata all’ “ateismo pratico” nel quale molti (troppi!) battezzati sono caduti con la propria vita: ma religiosità e fede non sono la stessa cosa.

Oggi: il Vangelo ci accompagna a verificare la nostra fede in Gesù (“Figlio di Dio, fatto uomo per la nostra salvezza”), prendendo come riferimento Mosè alle prese con la morìa causata dai serpenti nel deserto; la prima lettura ci porta come esempio la rovina totale vissuta dal popolo di Israele, sconfitto e deportato a Babilonia; la seconda lettura ci parla di “morte causata dalle colpe”. Il tesoro di grazia che l’amore di Dio ha seminato nella nostra vita, diventa visibile in tutto il suo splendore prezioso solo quando il “vaso di argilla” che è la nostra esistenza umana si incrina o si rompe. L’esperienza dei nostri limiti e delle nostre contraddizioni può diventare (per chi è credente) occasione preziosa per scoprire quanto stiamo cuore a Dio e per ridare spazio al suo amore; in alternativa, prende piede la paura per noi stessi e l’ansia di salvarci da soli, falsando la nostra capacità di lettura delle cose, degli eventi, degli altri, di Dio stesso.

Faccio mia la riflessione che trovate sul foglietto della Messa.

“La condizione di morte (2° lettura) è qualcosa di reale: ci dice che il peccato, come la morte, è una situazione dalla quale non riusciamo a uscire da soli; abbiamo bisogno che Qualcuno ci tiri fuori, poiché sperimentiamo una radicale impotenza. Soltanto Dio può farlo e lo ha fatto nel Figlio, facendoci rivivere con lui.

Anche Israele (1° lettura) ha vissuto questa condizione di morte quando, deportato a Babilonia, ha sperimentato l’impossibilità di liberarsi da solo. È Dio a farlo, attraverso Ciro, re di Persia.

(Vangelo) Nel Figlio innalzato sulla Croce, Dio non solo ci libera, ma, facendosi uomo, discende nella nostra morte per renderci partecipi della sua risurrezione (Pasqua/Battesimo). Accogliere Gesù, ci fa “venire alla luce”: torniamo a nascere in Cristo come creature nuove, rigenerate dal suo amore.”

Allarghiamo un po’ lo sguardo sul colloquio tra Gesù e Nicodemo. Nicodemo afferma: “Noi sappiamo che sei venuto da Dio” (è la religiosità); Gesù gli risponde che “è necessario fare l’esperienza del vivere secondo Dio” (è la fede).

Partecipare alla vita di Dio (Battesimo) vuol dire fare esperienza della salvezza: scoprire che la nostra vita non è in grado (di suo!) di sopravvivere alla fragilità, alle malattie, alle ingiustizie, al male, al peccato, alla morte; essere convinti che ne diventiamo capaci solo perché il Figlio Gesù, “innalzato da terra” sulla Croce, ci consegna lo Spirito, il respiro del suo vivere da Figlio di Dio: questo è avvenuto per noi nel Battesimo (e poi negli altri sacramenti!), facendoci passare “dalle tenebre alla luce”.

Vedete quanto è facile per noi scivolare di nuovo dalla fede alla religiosità e dalla religiosità al nulla.

La via della religiosità ci conduce a sentirci giustificati (“noi sappiamo”): pensiamo di credere e di essere cristiani (di Cristo!); invece siamo tornati ad essere soli con noi stessi, nel buio del nostro cuore, invece che nella luce che è la vita dei figli di Dio.

Preghiamo, perché questa nostra Quaresima sia tempo vissuto per purificare la mente e il cuore e ci riconduca a gustare con gioia il dono dell’amore di Dio che si rinnova nella Pasqua di Gesù.