Le letture della Solennità della Santissima Trinità sono disponibili al seguente link, cliccando qui.
Riflessione
S. Agostino scriveva: “Riguardo alla Santissima Trinità e alla conoscenza di Dio, dobbiamo principalmente chiederci che cosa sia l’amore”.
“Li udiamo parlare delle grandi opere di Dio” (Atti degli Apostoli)
E’ inutile pretendere di trovare nella Parola di Dio definizioni che riguardano l’identità di Dio: la S. Scrittura ci narra come Dio agisce, cosa Dio fa; ci accompagna, se lo vogliamo, a entrare in rapporto con Lui per dare alle scelte della nostra vita un’impronta che la renda simile alla sua.
Anche a noi, come ai discepoli nell’Ultima Cena, Gesù dice: “Per ora non siete capaci di portarne il peso” (vangelo). Solitamente noi intendiamo “capacità” come “essere in grado di, riuscire a”; proviamo a intenderlo come “abilità e disponibilità ad accogliere”. La nostra vita diventa “capace di entrare in un rapporto di amore con il Padre” (come quella del Figlio Gesù) solo quando “verrà lo Spirito della verità” (vangelo) riguardo all’amore.
Come intendiamo l’amore? Da chi impariamo ad amare? Chi è il nostro “maestro” al riguardo? La nostra cultura, quella che sta alla base delle nostre scelte di vita, ci educa a un amore che si riassume in due parole (difficili!): autoreferenzialità e reciprocità. Autoreferenzialità: siamo tentati di continuare a chiederci per tutta la vita: “Troverò qualcuno capace di amarmi veramente?”, invece di chiedere a noi stessi: “Quando diventerò capace di amare veramente, come ha fatto Gesù?”. Reciprocità: siamo tentati di coltivare un amore esclusivo, fatto di relazioni che restano in un circolo chiuso, viziato dal bisogno egoistico dell’altro.
Dio, attraverso il Figlio Gesù, desidera educarci a una capacità di amare guidata da altre due parole (ugualmente difficili!): sbilanciamento e eccedenza. Sbilanciamento: rinuncia a tenere tutto sotto controllo, a fare quadrare i conti dell’amore; accettazione che l’amore possa apparirci “in perdita”. Eccedenza: sovrabbondanza di un amore che si dona senza calcolo; comunione che si fonda sulla differenza, che si arricchisce accogliendo differenze. Forse è questo che Dio vuole dirci di sé quando si fa conoscere a noi come Trinità: rapporto tra il Padre e il Figlio, in cui la comunione è lo Spirito Santo.
“Amerai il Signore tuo Dio… amerai il tuo prossimo”
Il Vangelo (che è Gesù) vorrebbe condurci ad amare così, entrando nel rapporto di amore della Trinità per viverlo nel rapporto con gli altri.
Solo quando smettiamo di ospitare in noi esclusivamente il nostro modo di pensare alla vita e di progettarla, solo quando apriamo la nostra vita alla Parola e alla Grazia di Dio, solo allora diventiamo “capaci” di accogliere lo Spirito Santo e di lasciarci introdurre da Lui nel rapporto di amore tra il Padre e il Figlio (cioè di vivere da battezzati!).
Chiediamo la grazia di vivere accompagnati e guidati dalla “sapienza” di Dio: è il primo dono dello Spirito Santo.