Santissima Trinità (7/06/2020)


Santissima Trinità
Icona della Trinità di Rublev

NOTA: Le letture della Festa Solenne della Santissima Trinità sono disponibili cliccando qui, in formato stampabile per chi desiderasse seguire la messa in diretta.

Dopo la Pasqua/Pentecoste, la liturgia ci propone ogni anno due feste solenni: la Santissima Trinità e il Corpus Domini. È un invito a contemplare, in un insieme quasi panoramico, gli eventi di salvezza che abbiamo rivissuto e celebrato anche in questo anno liturgico, dall’Avvento fino a Pentecoste.

La Festa Solenne della Santissima Trinità svela alla nostra mente e al nostro cuore la verità su Dio. Possiamo accostarci ad essa da due punti di vista, apparentemente opposti tra loro.
Il primo approccio alla festa di oggi si potrebbe definirlo di tipo dogmatico: ne troviamo traccia nel linguaggio del Credo (la professione della nostra fede) e del Prefazio di oggi. Ci segnala un rischio che possiamo correre: considerare questa festa come un’opportunità per teologi specialisti più che per cristiani “normali”, per studiosi in grado di dire con esattezza cosa significhi che Dio è uno in tre persone, quali sono i rapporti tra le persone divine e come si può tentare di comprenderli con l’aiuto di linguaggi e modelli umani di vita.
Il secondo approccio è più legato alla Parola di Dio: è ben rappresentato nelle letture che abbiamo ascoltato e in una icona della Trinità che trovate sul sito della Parrocchia e (per quelli che partecipano alla Messa da casa) ha accompagnato poco fa la proclamazione del Vangelo. L’autore di questa icona reinterpreta in termini cristiani un episodio della vita di Abramo che accoglie e ospita tre personaggi misteriosi (la Santissima Trinità, appunto); in cambio lui (quasi centenario) e sua moglie Sara (anziana e sterile) ricevono il dono del concepimento del figlio Isacco (= Dio sorride).

Il Vangelo di Giovanni concentra l’attenzione della nostra fede sull’amore che Dio Padre ha per noi; è un amore che si svela nel Figlio mandato a noi come un dono; è un amore che, se lo accogliamo, ci fa diventare figli donandoci il suo Spirito. È questo il volto di Dio annunciato da Gesù, del Dio dei cristiani: non è uno che si nasconde per non farsi trovare da chi lo cerca; è uno che cerca noi con pazienza infinita, fino a quando noi ci lasciamo trovare, accogliendo il suo amore. E allora, quando lo accogliamo, diventa per noi fonte di vita.
Rivelandoci il suo volto di Padre, Dio ci rivela il nostro vero volto: quali sono le radici della nostra umanità; qual è la vocazione che dà senso pieno alla nostra vita umana; qual è la meta della nostra vita.
Rivelandoci il suo volto di Padre, Dio ci rivela il nostro volto di figli, nati dal rapporto con Lui per il dono dello Spirito che il Figlio ci fa donandoci la sua vita sulla Croce. È questa l’umanità vera: l’essere figli, così come si manifesta nel Figlio Gesù, vero Dio e vero Uomo.
È lo Spirito Santo che ci rende capaci di accogliere il Figlio e, immergendoci nella vita del Figlio Gesù, ci dona di essere partecipi del rapporto di amore che unisce il Padre e il Figlio. (Anche questo è descritto nella icona: le tre persone divine in un semicerchio aperto, per accogliere chi desidera entrare in questo abbraccio di amore).
L’essenza della vita di Dio, Padre e Figlio, è abitare l’uno nell’altro. Il senso della nostra esistenza è abitare gli uni negli altri: l’altro realizza sé stesso lasciando emergere me alla vita; io realizzo me stesso lasciando emergere l’altro alla vita.

“Chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’Unigenito Figlio di Dio” (Vangelo).

Quando ci convincono o ci convinciamo che la pienezza della vita sia nel realizzare noi stessi come individui, allora “siamo condannati”: in realtà ci auto-condanniamo a una vita prigioniera della propria cecità; non riusciamo più a “venire alla luce”.
Proprio così continua il versetto del Vangelo di Giovanni successivo al brano che abbiamo appena ascoltato: “E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità, viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio”. Quanta verità in questo rivelarsi di Dio! Da prostrarsi, curvi fino a terra, come Mosè (prima lettura). Ma anche da essere gioiosi, facendosi coraggio a vicenda e condividendo i sentimenti della fede, come suggerisce S. Paolo (seconda lettura): “La grazia del Figlio Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti noi”.