NOTA: Le letture della V Domenica di Pasqua sono disponibili cliccando qui, in formato stampabile per chi desiderasse seguire la messa in diretta.
“Non sia turbato il vostro cuore”
Gesù dice queste parole ai suoi apostoli durante l’Ultima Cena, al momento di congedarsi da loro per vivere la sua Pasqua di Morte e Risurrezione. Il verbo “turbarsi” è il medesimo che si usava per un pezzo di legno o una piccola barca sbattuta dalle onde del mare durante una tempesta; vuole indicare che si è sbandati, sbattuti qua e là, senza un punto fermo, senza punto di appoggio. È il turbamento di chi ha visto venir meno ogni certezza, tutto quello che prima faceva sembrare solida la vita. In questi mesi ne abbiamo fatto e ne stiamo ancora facendo esperienza.
L’incertezza.
Stiamo vivendo tempi diventati improvvisamente molto incerti a causa della pandemia; dovremo imparare a confrontarci con questa situazione anche per il futuro. Forse non dovremmo dimenticare che l’incertezza (per molti di noi e da molti punti di vista!) era presente nella nostra vita (anche se mascherata talvolta ingenuamente e sfacciatamente!) anche prima che le nostre abitudini di vita fossero sconvolte dal corona-virus: le basi su cui avevamo appoggiato la nostra vita umana e il suo valore non erano poi così solide e così valide; da ogni punto di vista, compreso quello della fede. La prima reazione all’incertezza (ricordate?) è stata il continuo ripetere a noi stessi e agli altri: “Andrà tutto bene! Niente incertezze: siamo forti quanto basta!”. Ma non era vero!
La morte
Con quanta violenza la pandemia ci ha messo di fronte e a confronto con la morte! Il vangelo di oggi è uno dei brani scelti dalla Liturgia della Chiesa per il Rito delle Esequie. L’evangelista Giovanni usa sempre la parola “turbamento” in contesti che rimandano alla morte, anche riferendosi a Gesù; Cristo (il Figlio di Dio fatto Uomo) partecipa a questa situazione tragica dell’uomo: il venir meno di ogni punto di appoggio quando si tratta del venir meno definitivo della vita. Umanamente non c’è nulla che possa risolvere il problema della morte.
“Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me”
“Vado a prepararvi un posto”
In realtà Gesù dice testualmente: “Affidatevi a Dio affidandovi a me”; Gesù risolve sempre nel rapporto con il Padre il suo turbamento di fronte alla morte. Vale forse la pena di soffermarsi su questa parola di Gesù per capire meglio la differenza dell’“affidarsi a Dio affidandosi a Gesù”, rispetto alla nostra tendenza a cercare “sicurezze nella religiosità” o (peggio ancora) a scegliere di restare di fronte alla morte prescindendo dalla nostra fede di battezzati . È un malinteso spirituale pensare al rapporto con il Signore come qualcosa che ci dà il diritto di sentirci al sicuro; ritenere che la nostra “onestà” e la nostra “osservanza delle regole” possano darci la certezza di “essere a posto con Dio”, di aver adempiuto quanto dovevamo; e, per questo, avere il diritto di attenderci in cambio protezione e sicurezza. A salvare la nostra vita, a darle sicurezza, è il vivere come Cristo vive il suo rapporto con il Padre: “Io sono nel Padre ed il Padre è in me”. Non si tratta di “stare bene con Dio”, di “sentirsi a posto con Dio”. Gesù non è preoccupato di “stare bene con Dio”; Lui “sta in Dio”. Il Figlio di Dio si è fatto uomo proprio per farci uscire da questa mentalità: “fare qualcosa per Dio”, “avere una giustificazione per Lui”. Gesù vuole farci uscire da questa mentalità, per farci entrare insieme con Lui nel rapporto con il Padre.
Tommaso e Filippo
Fare nostre le domande di Tommaso e di Filippo ci può aiutare a capire meglio il Vangelo di oggi. Gli disse Tommaso: “Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?”. Gli disse Gesù: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”. Gesù risponde alla domanda riguardo alla meta, indicando la via; o meglio: indicando una meta che è una promessa, riproponendo un rapporto di fiducia. Questa è sempre la storia del rapporto di fede tra Dio e gli uomini. È così per la vicenda di Abramo. E’ così per Mosè e il popolo schiavo in Egitto: il vero Esodo Pasquale non è quello dall’Egitto alla Terra promessa, ma quello da un rapporto con gli dei degli Egiziani a un rapporto di rinnovata Alleanza tra Dio e il popolo di Israele. Per Gesù vera Pasqua è morire per risorgere come persona viva in cui diventa manifesta l’unione totale e profonda tra il Padre e il Figlio: pensare la vita come un dono. Lì Gesù diventa Via, Verità e Vita, luogo dove si manifesta la vita che è tipica solo di Dio: il dono l’uno all’altro. Per noi vera Pasqua è immergerci totalmente nella Morte e Risurrezione di Gesù, così da passare da schiavi del peccato a figli di Dio; trasformati in “pietre vive” affinché la nostra vita sia costruita come edificio spirituale” (2° lettura).
Gli disse Filippo: “Signore, mostraci il Padre e ci basta”. Gli rispose Gesù: “Chi ha visto me, ha visto il Padre…Io sono nel Padre e il Padre è in me”.
Con il battesimo, quando passiamo la morte e usciamo risorti dalle acque battesimali, la nostra vita è innestata nella vita del Figlio di Dio, resa capace di una esistenza a modo di Dio, partecipe di questo essere uno nell’altro. La nostra missione nel mondo è proprio nel rivelare un modo di esistere che è secondo Dio: noi come luogo della vita di Cristo. Il superamento di ogni forma di individualismo: questa è la nostra identità di Battezzati.
Dovremmo oggi accogliere con umiltà questa domanda: quale filosofia, quale mentalità ha ingannato noi battezzati fino a diventare per noi più importante del Vangelo di Gesù? Come mai siamo tanto contagiati da quel “virus spirituale” così diffuso e che si si chiama individualismo?