Le letture della V Domenica di Pasqua sono disponibili al seguente link, cliccando qui.
Riflessione
L’immagine della vigna, utilizzata da Gesù per parlarci del rapporto tra la nostra vita e Dio (Padre, Figlio e Spirito Santo), è molto diffusa nella Bibbia (specialmente nei libri dei Profeti); per nostra fortuna noi siamo facilitati a capirla: è una realtà presente anche nella nostra esperienza; basta guardarsi attorno.
Il messaggio: il Padre, per recuperare a salvezza l’umanità (vigna piantata da Lui), ha mandato il Figlio come vitigno nuovo; di questa vite che è Gesù, noi siamo i tralci.
Non so se dirò cose del tutto giuste, riguardo alla vita della vigna: tra di voi ci sono persone molto più esperte di me, al riguardo!
Anche pensando alla “gelata” di qualche giorno fa, mi è venuto in mente che (forse!) ci sono momenti in cui la vigna ha bisogno di vitigni nuovi: perché è invecchiata, o perché ha subito una gelata, o perché la sua vitalità è stata intaccata da una malattia.
Il legno della vite è strano: non serve a nient’altro che a produrre frutto; però è indispensabile perché serve a far passare la linfa nei tralci, così che la vigna produca l’uva.
I Profeti aggiungono l’immagine della “vigna inselvatichita”, tornata a produrre soltanto uva aspra e inservibile e bisognosa di essere nuovamente innestata: su questo dovremmo riflettere molto!
“Chi rimane in me, porta molto frutto”
“Chi non rimane in me, secca e lo gettano nel fuoco”
Forse adesso l’immagine del Vangelo è più chiara: Gesù è la vite; noi i tralci. In Gesù passa la linfa (la grazia) che è la vita di Dio; Gesù la fa giungere fino a noi facendo passare attraverso se stesso l’amore di Dio, il dono di sé (è la Pasqua!); così (e solo così) la nostra vita umana riprende significato: “produce” l’unico suo vero significato; altrimenti la nostra vita non serve a niente: come un tralcio secco!
Il resto del creato serve a farci sopravvivere (dovremmo rendercene conto e imparare a usare il creato in modo più intelligente: usare non significa sfruttare fino a distruggere!); l’uomo serve solo se porta in sé (consapevolmente o inconsapevolmente) il frutto che è la vita di figlio di Dio, per donare se stesso e costruire rapporti di amore.
Per questo Gesù dice: “Rimanete in me…Senza di me non potete far nulla”. Questo è il dono che Dio ci ha fatto attraverso il Figlio Gesù nella sua Pasqua: dono giunto fino a noi nel Battesimo, per opera dello Spirito Santo.
“Ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto”
La potatura, necessaria per portare frutto, è l’immagine della nostra vita spirituale (così trascurata!). Non siamo noi stessi a potarci, secondo i nostri punti di vista; è il Padre che lo fa; anche attraverso gli eventi della storia umana. Lo ha fatto, per il popolo di Israele, attraverso la schiavitù in Egitto, la vita tribolata nel deserto, la sconfitta e l’esilio a Babilonia, la dominazione dei Romani; lo ha fatto per i cristiani al tempo delle persecuzioni, nelle vicende storiche della Chiesa nel corso dei secoli (non tutte positive!), nelle guerre che hanno insanguinato e insanguinano l’umanità; forse lo sta facendo oggi nella pandemia.
“…lo gettano nel fuoco”
C’è un fuoco che purifica e verifica la bontà di quello che produciamo con la nostra vita: lamentarsi perché scotta non è sufficiente e non serve a nulla!
Potare significa purificare: non può avvenire (e non avverrà) soltanto concentrandoci su noi stessi e sui nostri sforzi, alla ricerca di un “bene” che ci fa solo rimanere chiusi nel nostro “io”.
Noi non siamo capaci, da soli, di rendere la nostra vita un dono offerto gratuitamente, come ha fatto Gesù; questo può avvenire anzi tutto come dono della grazia di Dio. La nostra presunzione può produrre soltanto illusioni nei nostri confronti e durezza di cuore nei confronti degli altri.
Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa” (seconda lettura)
Dio ci accompagna a vivere come dono, purificandoci; ci accompagna ad accogliere ciò che la vita porta con sé (nel bene e nel male!) e ad accettare che sia essa a cambiare il nostro cuore e le nostre relazioni: quella con Dio e quella con il prossimo.