VI Domenica di Pasqua (14/5/2023)


VI Domenica di Pasqua

Le letture della VI Domenica di Pasqua sono disponibili al seguente link, cliccando qui.

Riflessione

Domenica scorsa la riflessione era guidata e accompagnata dalle parole di S. Pietro (2° lettura). Oggi dedichiamo la nostra attenzione soprattutto al Vangelo: è la continuazione del brano di domenica scorsa; è preso dal capitolo 14 del Vangelo secondo Giovanni; sono le parole di Gesù ai suoi discepoli al momento del commiato, nell’Ultima Cena. Era necessario preparare i discepoli al distacco, alla separazione ormai imminente.

“Non vi lascerò orfani; verrò da voi. Pregherò il Padre, ed Egli vi darà un altro Paraclito perché rimanga con voi per sempre” (vangelo)

Esperienza tremendamente difficile, quella di rimanere orfani; tanto più se affrontata prima di aver trovato e dato un equilibrio di maturità alla propria vita.

Verrebbe da immaginare che nessuno voglia scegliere di vivere da orfano il proprio essere figlio: né da un punto di vista umano, né da un punto di vista spirituale; eppure (almeno così sembra spesso!) di questo Paraclito che ci libera dal nostro essere orfani non sappiamo cosa farne; eppure è lo “Spirito della verità” riguardo al senso della nostra vita umana; eppure ci è donato perché “rimanga presso di noi e in noi”.

“Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me, sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò” (vang.)

Ecco il dono per non vivere da orfani: lo Spirito della verità e i Comandamenti. Certo: la parola “Comandamenti” sembra fare a pugni con la parola “Amore”. Sicuramente, riguardo all’Amore, rimaniamo un po’ (forse troppo?!) imbrogliati da una visione “romantica” e superficiale, dove si dà per scontato che l’amore deve essere solo spontaneità, tenerezza, passione (anche sregolatezza?!); come se non sapessimo che non è questa la verità sull’amore! Sicuramente la parola Comandamenti ci suona lontana dalla parola Amore; evoca in noi tutt’altro: ubbidienza, sottomissione, rispetto delle regole. Desideriamo così poco questo per noi, che facciamo fatica anche a insegnarlo e a proporlo ai piccoli.

Anzi tutto quelli che noi chiamiamo “comandamenti” dovremmo imparare a chiamarli “Parole”: le dieci Parole con le quali Dio mette anche noi in grado di attraversare il deserto della vita senza smarrirci. Dovremmo diventare consapevoli che fare nostri gli stessi obiettivi che Gesù si è posto per la sua vita umana ci dà la possibilità di avere un progetto e uno scopo per la vita: di non mancare il bersaglio, di non fallire. Amare Dio, le sue dieci Parole, la sua Parola fatta carne (Gesù) nasce dalla consapevolezza di essere stati amati e di continuare ad essere amati (Paraclito).

“Pronti sempre a rispondere a chi vi domanda ragione della speranza che è in voi” (seconda lettura)

Speranza è certezza dell’amore che Dio ha per noi. Speranza è desiderio e capacità di affidare la nostra vita a Dio. Chiediamo allo Spirito Santo la grazia di rinnovare e tenere vivo in noi il dono della speranza. Solo così possiamo provare a diffondere speranza.