Le letture dell’XI Domenica del Tempo Ordinario sono disponibili al seguente link, cliccando qui.
Riflessione
“Così è IL Regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno”
Ogni tanto mi viene da dubitare riguardo alle mie capacità di riuscire, durante le omelie, a farvi entrare in rapporto con la Parola di Dio che ascoltiamo di domenica in domenica.
Per esempio. Quando sentiamo Regno di Dio ci viene da pensare all’Incarnazione (Natale), alla Passione/Morte/Risurrezione (Pasqua), al dono dello Spirito Santo (Pentecoste), ai Sacramenti (Battesimo/Cresima, Penitenza, Eucaristia, Matrimonio, Ordine, Unzione degli infermi)? Quando ascoltiamo (come oggi) una parabola del “seme”, ci torna in mente la generosità (umanamente sconsiderata!) di Dio che effonde la sua grazia senza preoccuparsi di com’è il terreno (noi!)? Ci chiediamo se noi somigliamo a quel terreno buono/bello che accoglie il seme della grazia? Proviamo gioiosa riconoscenza (e un po’ di nostalgia!) per come potrebbe diventare bella la nostra vita umana, se fosse trasfigurata dalla partecipazione all’umanità del Figlio Gesù?
Questo è il Regno di Dio in mezzo a noi: la vita di rapporto, di comunione, seminata in noi da Dio all’inizio della nostra vita (come un seme!); la consapevolezza che la nostra creatività dovrebbe sempre confrontarsi con questo nostro vivere immersi dentro l’amore eterno di Dio e affondare le sue radici di vita umana dentro la vita umana donata da Gesù, in modo che la nostra vita sia trasparenza della vita di Cristo in noi.
Provo a raccogliere la riflessione sulle due piccole parabole di oggi attorno a due aspetti.
Il primo è il seme. La vita che è nel seme ha già dentro di sé tutto ciò che succederà nel suo sviluppo; certo: è necessario che il seme trovi un terreno disposto ad accogliere (come è stato per la Beata suor Maria Laura, ad esempio!). La fecondità del seme è garantita: viene da Dio; non dipende dalla nostra bravura (è una consolazione: non pare anche a voi?).
Il tempo che intercorre tra la semina e il raccolto evidenzia da una parte la nostra impotenza, dall’altra la capacità che ci è richiesta di attendere con pazienza, fiducia e speranza.
C’è una sproporzione evidente tra un seme così piccolo e una pianta così grande; il Regno di Dio ha dentro di sé una forza e una potenza grande: quella di Dio.
Il secondo è la mietitura: immagine del giudizio su di noi, alla fine. Il Regno di Dio ha un tempo di crescita che è quello della storia; non coincide con il tempo della nostra esistenza terrena. Noi siamo chiamati (e saremo giudicati!) sull’impegno a sintonizzarci sul ritmo di Dio, accogliendo la sua Parola.
Noi siamo tentati dall’impazienza: è la tentazione che ci conduce a scoraggiarci oppure a crearci idoli al posto di Dio (i nostri progetti), pur di vedere dei risultati.
Capita così anche al profeta Ezechiele (prima lettura): vorrebbe ripartire trapiantando un ramo, invece che seminando un seme; vorrebbe piantarlo su un monte alto, imponente; vorrebbe vedere i frutti di questo cedro magnifico; vorrebbe che tutti facessero riferimento a questo albero nuovo che simboleggia il Regno di Dio.
In questi giorni, mentre pregavo per i tre sacerdoti novelli della nostra Diocesi, ripensavo alla mia ormai lunga vita di prete e a questa tentazione: nella vita pastorale, molte cose sembrano deboli, disperse; si stanno spezzando, stanno crollando. Il Signore dice: “Concentra la tua attenzione sul germogliare del seme; è Dio che detta il ritmo della crescita, non tu; devi avere fede per accorgerti di questa crescita dentro di te, nel mondo e nelle persone”.
Dio chiede anche a me di seminare, ma poi di lasciare che le persone scoprano e si abituino al ritmo dell’azione di Dio: non è il mio ritmo quello che conta; non posso dettare io a Dio i tempi della salvezza.
E’ difficile! La tentazione di contarsi, la curiosità di verificare, il bisogno di definire “il quando”, l’esasperazione che vuole affrettare le cose, la paura di doversi confrontare con situazioni e scelte sempre più avverse: tutte sensazioni forti, sempre più forti!
Ho chiesto al Signore per me, per i tre novelli sacerdoti e per voi due grazie: imparare ad attendere con pazienza, fiducia e speranza; mettere a disposizione di Dio e della sua azione tutti i doni di natura e di grazia che abbiamo ricevuto, perché il Signore possa far maturare in noi il frutto che Lui attende: la salvezza della nostra vita che nasce dal suo Regno tra noi.