Le letture della XX Domenica del Tempo Ordinario sono disponibili al seguente link, cliccando qui.
Riflessione
“Partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidone”.
Gesù si è appena scontrato molto duramente con gli scribi e i farisei per la ristrettezza della loro mente e la chiusura del loro cuore di fronte a Dio e alla sua Parola. È questo il motivo del suo “partire” (il verbo esatto è “uscire”) per dirigersi verso il territorio dei pagani: è il verbo dell’Esodo, quando il popolo è stato liberato dalla schiavitù; Gesù non ce la fa più ad annunciare il “Regno dei cieli” a queste persone schiave di una religiosità fatta solo di tradizioni umane e sorde a Dio che chiama a vivere da figli.
“Pietà di me, Signore, Figlio di Davide!”.
Il cammino di Gesù incrocia quello di una donna cananea (pagana): una madre angosciata per la propria figlia tormentata (“tenuta schiava”) da un demonio; la donna invoca l’aiuto di Gesù chiamandolo “Signore” (è il titolo che i discepoli useranno per Gesù Risorto) e “Figlio di Davide” (è il titolo usato dal popolo di Israele per il Messia); la donna invoca “Abbi pietà di me”, come chi attende liberazione.
“Non le rivolse neppure una parola”.
La reazione di Gesù non è positiva. La reazione dei discepoli è anche peggio: in realtà non è “Esaudiscila” (come è benevolmente tradotto), ma “Cacciala via”; assomiglia al suggerimento dato a Gesù riguardo alla folla affamata e senza cibo. La donna pagana chiede per sé soltanto le briciole del pane destinato al popolo dei credenti: quelle avanzate dalla moltiplicazione con cui Gesù ha saziato la folla affamata; quelle raccolte in dodici ceste, affidate ai dodici apostoli per portarle “al di là del lago” e destinate ai pagani. Ecco l’annuncio e il segno del “Regno dei cieli”: la sazietà, la guarigione, la salvezza sono nell’incontro con Gesù, riconosciuto come “Figlio di Davide” e “Signore”.
“Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele”.
Nelle tra letture di questa domenica è presente una domanda: “A chi è destinata la grazia di Dio che salva? A tutti, o soltanto ad alcuni?”. Ricordo le parole di alcune persone, importanti per la loro capacità artistica o per la loro cultura: rispondendo alla domanda riguardo alla loro fede, dicevano: “Non ho ricevuto il dono della fede”. Non sta certo a me giudicare! Anzi (lo dico spesso) sono convinto che la fede sia un dono di Dio che normalmente giunge a noi attraverso la mediazione e il coinvolgimento di altri credenti; oppure (al contrario) non riesce a toccare la nostra vita a causa della freddezza e la superficialità di chi dovrebbe accompagnarci alla fede.
“Donna, grande è la tua fede”.
Certamente nel Vangelo di oggi c’è un fatto su cui riflettere. A Pietro (e agli apostoli, messi alla prova dalla tempesta, che stentano a riconoscerlo come Signore) Gesù dice: “Uomo di poca fede”. Alla donna cananea (pagana!), Gesù dice: “Donna, grande è la tua fede”. A fare la differenza riguardo alla fede è la “passione”, il desiderio con cui cerchiamo Gesù, la sua Parola, la sua Salvezza. La donna cananea diventa così immagine e modello del credente, povero e consapevole della sua povertà:
- che si affida al Signore;
- che non ha nessun altro a cui chiedere di essere salvato;
- che riconosce solo a Gesù autorità riguardo al bene e al male.
Chiediamo al Signore la grazia di portare nel cuore come dono grande la possibilità di pensare e vivere tutte le vicende della nostra vita come luogo e occasione di incontro con Lui, con la sua grazia che salva.