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Riflessione
Molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: “Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?”
Siamo giunti alla fine del lungo discorso di Gesù dopo il segno del pane, moltiplicato e distribuito a sfamare la folla. La coincidenza con la Festa dell’Assunzione ci ha fatto perdere una puntata del discorso, ma l’esito ci appare chiaro: un fallimento! Eppure era iniziato tutto bene: la generosità del ragazzo nel mettere a disposizione di tutti il poco che aveva, la cura di Gesù nel farsi carico della fame della folla, il proporsi di Gesù come l’unico in grado di saziare il nostro bisogno di senso per la vita, addirittura il desiderio della folla di tenersi Gesù come re. Cos’è, allora, che rende “dure” e “inaccettabili” le parole di Gesù?
L’aggettivo usato dall’evangelista Giovanni (“sclero”) e tradotto in italiano con “duro” può aiutarci a capire. Avete presente quando ci viene da pensare e da dire che (purtroppo!) una persona è diventata “sclerotica”? Aveva una mente che funzionava bene, ma improvvisamente si è inceppata, si è indurita; mi aspettavo di trovare una persona in grado di capire, ma ne ho trovata un’altra che non capisce: questo sconcerta e delude.
Dunque la durezza non ha a che fare col comprendere o non comprendere (la mente), ma con l’accettare o non accettare (il cuore): il problema è che Gesù ha detto su Dio e su se stesso cose diverse da quelle che la folla e (addirittura!) discepoli si aspettavano e desideravano sentire; questo rende la parola di Gesù “dura”. Hanno capito che accogliere Gesù come “pane vivo disceso dal cielo” richiede un cambiamento di mentalità, una unione con Lui così profonda da farci diventare come Lui nella comunione con il Padre e in rapporto alla vita umana da considerare come dono.
La prima lettura racconta (in positivo!) un’esperienza simile: “Dio ci ha salvato la vita, perciò noi serviremo il Signore; è Lui il nostro Dio!”. Dal momento in cui Dio si è fatto Uomo e si è donato a noi come “pane per la vita eterna”, il nostro rapporto con Lui diventa vero solo se rimettiamo radicalmente in gioco la nostra vita umana e il suo significato. Questo può risultare estremamente duro da accettare e da accogliere!
Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con Lui. Disse allora Gesù ai Dodici: “Volete andarvene anche voi?”
Nella domanda di Gesù ai Dodici c’è molta sofferenza: guarda i discepoli che se ne vanno; gli dispiace che nessuno capisca il dono che è venuto a fare: non è una dottrina, è vita che si dona per salvare vita.
Cosa c’è dietro questo (anche nostro!) voltare le spalle a Gesù? Talvolta capita a livello umano e si riflette a livello di fede: stanchezza, disillusione, parole al vento, fragilità (nostre e degli altri), malattia, lutto, miraggi attraenti.
“Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna!»”: potremmo e dovremmo dirlo anche noi.
“Faccio fatica ogni giorno ad accoglierti come pane vivo disceso dal cielo; ma ti prego: fa’ che nessuna parola umana mi allontani da Te, unica fonte di verità e di vita”. (Colletta)