XXIV Domenica del Tempo Ordinario (17/9/2023)


XXIV Domenica del Tempo Ordinario

Le letture della XXIV Domenica del Tempo Ordinario sono disponibili al seguente link, cliccando qui.

Riflessione

Per la riflessione di oggi sono andato a riprendere il commento al capitolo 18 del Vangelo secondo Matteo fatto da don Bruno Maggioni, mio insegnante di Teologia biblica. L’ho trovato completo e splendido: provo a riproporne alcuni aspetti anche a voi.

Accennavo già domenica scorsa alla struttura di questo vangelo, costruito attorno a cinque grandi discorsi: il discorso della montagna (le Beatitudini), il discorso missionario (l’invio degli apostoli), il discorso in parabole (l’annuncio del “regno dei cieli”), il discorso ecclesiale (questo che stiamo ascoltando), il racconto della Pasqua di Gesù. Per due domeniche la liturgia ci ha proposto la seconda parte del quarto discorso: iniziava con le parole “Se tuo fratello pecca contro di te”; termina con le parole “Se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello”. Dunque la Comunità dei discepoli (ogni Comunità cristiana) deve imparare a mettere al centro della propria vita queste parole: fraternità, peccato, correzione, perdono.

“Se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli?… Fino a settanta volte sette” (vangelo)

Di fronte a quello che intacca e rovina la vita della Comunità (di ogni comunità, di qualsiasi tipo), l’atteggiamento fondamentale da assumere è il perdono: solo un perdono senza limiti assomiglia al perdono di Dio e diventa misura del perdono fraterno (“Misericordiosi perché Dio fa così”, intitola il foglietto).

Due considerazioni che nascono anche dalla parabola che abbiamo ascoltato. La prima: il perdono reciproco non è (come potrebbe apparire) condizione per ottenere il perdono di Dio: se così fosse, non arriveremmo mai ad ottenerlo! È piuttosto la conseguenza del perdono ricevuto da Dio: è la nostra risposta al perdono ricevuto; è il segno che abbiamo sottoposto sinceramente la nostra vita alla misericordia di Dio; è il segno della pienezza e dell’efficacia della grazia ricevuta attraverso il perdono. Il servo della parabola è condannato perché tiene per sé il perdono ricevuto; non permette che questo perdono porti gioia anche ai suoi fratelli.

La seconda considerazione: è necessario tenere ben distinti il peccato e il peccatore. Dal peccato la Comunità cristiana deve prendere decisamente le distanze, denunciandolo con chiarezza: il peccato produce ferite all’interno e all’esterno della Comunità.

All’interno, perché è motivo di scandalo e indebolisce la vita dell’intera Comunità, impedendole di coltivare e far crescere la vita da figli di Dio nata dal Battesimo. All’esterno, perché impedisce alla Comunità di essere segno che anticipa qui e ora (anche se in modo parziale e provvisorio) il mondo nuovo nato dalla Pasqua di Gesù.

La denuncia del peccato è punto di partenza e parte integrale del perdono: dunque condanna del peccato e perdono per i peccatori che si pentono.

La Colletta ha messo in mano al Signore le nostre preghiere con parole molto belle: “O Dio, che ami la giustizia e ci avvolgi di perdono, crea in noi un cuore più grande di ogni offesa, più luminoso di ogni ombra, per ricordare al mondo il tuo amore senza misura”.