
Le letture della XXVI Domenica del Tempo Ordinario sono disponibili al seguente link, cliccando qui.
Riflessione
Riflettendo sulle letture che ci accompagnano in questa domenica, dobbiamo anzi tutto evitare un rischio: pensare di trovare qui l’affermazione che Dio si comporti secondo la “legge del contrappasso”; quasi che ci trovassimo di fronte alla descrizione di una vita dopo la morte, dove il rapporto tra il bene e il male sarà riequilibrato secondo criteri terreni (quelli che conosciamo e applichiamo noi!).
Intendiamoci: per un cristiano è fuori dubbio la realtà di una vita al di là della morte, nella comunione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo; ma come sia questa vita e come si realizzerà questa comunione (o separazione!) rimane per noi un mistero che lasciamo con fiducia totale nelle mani di Dio.
Le letture ci accompagnano, piuttosto, a rileggere e a valutare il nostro modo di stare in questo mondo: se esso manifesti (oppure no!) il rapporto tra Dio e noi (quello che scaturisce dal Battesimo); se il rapporto tra noi conservi tracce di umanità (oppure le abbaia smarrite).
“C’era un uomo ricco …c’era un povero di nome Lazzaro” (vangelo)
“Tra noi e voi è stato fissato un grande abisso” (vangelo)
Un grande scrittore francese (Bernanos) nel “Diario di un curato di campagna” scriveva:“L’inferno è non amare più”; è l’inferno della solitudine, dell’indifferenza e dell’estraneità gli uni per gli altri; è il prendere le distanze dagli altri, creando un abisso incolmabile.
Dunque, possiamo rendere un inferno anche la vita presente!Il ricco ha scavato quell’abisso pensando solo a se stesso, fino a non vedere più Lazzaro; i bisogni fondamentali della vita (il vestito, il cibo) sono diventati ossessioni.Il male rende ciechi: incapaci di guardare in alto (Dio) e accanto a noi (il prossimo).
Avete notato? Il ricco è senza nome (“io sono ciò che indosso; io sono ciò che mangio”): sconosciuto agli occhi di Dio; incapace di rapporti con Dio e con gli altri; rappresenta il contrario di quello che è Gesù e dovremmo essere noi, figli di Dio. Il povero un nome ce l’ha: “Lazzaro”, che significa “Dio ha soccorso”, “Dio aiuta”.
“Ti prego di mandare Lazzaro … Hanno Mosè e i profeti; ascoltino loro” (vangelo)
Solo quando sarà troppo tardi, il ricco si accorgerà dell’importanza fondamentale del rapporto con Dio e con il prossimo. Abramo suggerisce, come rimedio, di ascoltare la Parola di Dio (Mosè e i Profeti). Gesù, la Parola fatta Carne, dirà: “Beati i poveri in spirito; di essi è il Regno dei cieli” (cioè il rapporto con Dio che porta nella nostra vita la “Buona notizia” per la nostra salvezza).
La certezza della nostra morte potrebbe (forse utilmente!) diventare prospettiva da cui guardare la nostra vita per scoprirne il senso pieno e profondo. Proviamo a riempire l’abisso dell’indifferenza e della distanza da Dio e dal prossimo: quando questo abisso si forma, svuota la nostra vita.
“O Dio, libera dalla schiavitù dell’egoismo coloro che sono sordi alla voce di chi invoca aiuto” (colletta).