Le letture della XXVI Domenica del Tempo Ordinario sono disponibili al seguente link, cliccando qui.
Riflessione
“I precetti del Signore fanno gioire il cuore”
Lo “scacciare i demoni” è il “segno” della gioia che viene dal Signore: il vangelo di Marco ne ha narrato un episodio appena prima del brano che abbiamo ascoltato oggi.
“Abbiamo visto uno che scacciava demoni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva”
I discepoli di Gesù non sono stati in grado di scacciare il demonio; ma vogliono impedire a un altro di farlo “nel nome di Gesù”, perché “non li seguiva” (ma non sono loro che dovrebbero seguire Gesù?). L’unica forza che si può opporre al male (al demonio) nasce dalla partecipazione alla vita di comunione che scorre da Dio Padre al Figlio e ci è donata nello Spirito Santo (è la Grazia del Battesimo e degli altri Sacramenti): chi aderisce a Gesù e alla sua Pasqua con la propria vita non rimane solo a lottare contro il male; chi non aderisce, rimane solo, con la sua presunzione di poter gestire la propria vita (anche il rapporto con Dio!) in modo autonomo.
I discepoli sono ancora saldamente ancorati al problema del potere (“chi era più grande”); non sono ancora entrati in sintonia con Gesù; la loro mentalità di discepoli è ancora molto lontana dal pensiero del Maestro: per questo non riescono a scacciare i demoni “nel suo nome”. Ecco, allora, che dà loro fastidio quel tale che, partecipando alla forza di Gesù (“nel suo nome”), può “scacciare i demoni”; stanno ancora dentro la mentalità del mondo: quella della chiusura e degli esclusivismi; quella che decide chi è “dei nostri” e chi no; quella del più grande (importante) e del più piccolo (insignificante).
“Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli…”
Proclamarsi discepoli di Gesù e vivere con un’impostazione “mondana” (diversa dalla Sua!) è scandaloso (diventa scandalo): fa inciampare e cadere i deboli e i piccoli. Qui “piccolo” non indica soltanto il bambino, ma piuttosto quelli che non hanno niente, sono emarginati, indifesi, in balìa di tutto.
“Gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare”
“Andare nella Geenna”
“Tagliare”
Sono immagini tremende di una fine tragica! Gesù chiede ai suoi discepoli fermezza nel recidere il male che abita nel nostro cuore: l’ostacolo a seguire il Signore è dentro di noi, prima che fuori di noi; capita spesso di voler tenere insieme il “seguire Gesù” e una vita governata da banalità che rendono sordo il cuore.
Il cuore: si mette in gioco difficilmente e, se lo fa, lo fa con riserva; non è disposto ad affidare al Signore e alla sua grazia l’orientamento della propria vita. Ci concediamo facilmente sconti nel nostro modo di pensare e nel nostro stile di vita.
Gesù dice: “Taglia”. Certo: lo dice in modo figurato, ma non per questo meno vero! Taglia la mano: segno dell’operare; il piede: la condotta; l’occhio: il criterio con cui ragioni.
La mano: usata solo per prendere; per assicurarsi garanzie; incapace di condividere.
Il piede: che ci fa rallentare nel seguire il Signore; che si impunta sulle sue posizioni; che non vuole lasciarsi condurre dallo Spirito Santo.
L’occhio: che non sa più riconoscere il bene e provarne gioia; che non aiuta a riconoscere la presenza del Signore nella storia e nella vita.
Dunque una questione seria: aderire al Signore per essere partecipi della sua forza (la Grazia!); oppure continuare a illuderci che si possa essere vicini a Lui anche continuando a coltivare i nostri criteri umani e la nostra mentalità mondana?