Le letture della XXVII Domenica del Tempo Ordinario sono disponibili al seguente link, cliccando qui.
Riflessione
Nel Vangelo di oggi ritroviamo due aspetti già presenti domenica scorsa:
- la vigna, segno del Regno di Dio, dell’amore con cui Dio cerca l’incontro con l’umanità per salvarla;
- il rifiuto dell’umanità, tragico per le conseguenze che l’infedeltà produce nella storia e nella vita degli uomini.
Nella parabola di oggi, Gesù riassume in estrema chiarezza e sintesi la Storia della Salvezza: la Creazione, la Prima Alleanza (nei suoi due momenti principali), la Nuova Alleanza (nel Figlio fatto Uomo).
“…piantò una vigna”
Sono commoventi le cure che il padrone riserva alla sua vigna: dissoda e ripulisce il terreno, pianta la vigna, la circonda con una siepe per proteggerla. Questa prima immagine ci fa pensare alla Creazione: il mondo in cui viviamo non ce lo siamo costruiti noi; è un dono, frutto della bontà e della sapienza di Dio. Dio mette questo dono nelle nostre mani con fiducia, pur sapendo che possiamo rovinarlo, deturparlo, farne scempio. E così avviene!
“…mandò i suoi servi”: la Prima Alleanza
La seconda immagine della parabola racconta la risposta dell’umanità, del popolo che ha ricevuto la possibilità di vivere nel rapporto di fede con Dio. L’invio (in due riprese) dei servi, rimanda ai due momenti storici fondamentali per la fede del popolo d’Israele:
- la liberazione dalla schiavitù in Egitto e lo svilupparsi progressivo di una vita piena; come una nuova creazione. I primi servi rappresentano Mosè e Giosuè, i Giudici, i re.
- la liberazione dall’esilio a Babilonia, per una ripresa piena della vita e del rapporto con Dio. Il secondo gruppo di servi rappresenta i Profeti.
Quella della Prima Alleanza si rivela una storia quasi ridicola nella sua monotonia, se non fosse tragica: da una parte il continuo rinnovarsi dell’amore di Dio; dall’altra parte il continuo tradimento del popolo, che viene meno all’Alleanza con Dio. Ogni volta, dopo il peccato, Dio chiama l’uomo a ritornare (convertirsi), a scoprire il senso e il privilegio dell’Alleanza con Lui; ma il peccato è talmente incarnato nella struttura dell’uomo (peccato originale), da rendergli difficile cogliere il valore essenziale, salvifico di questo rapporto di Alleanza con Dio: l’esperienza del peccato si rinnova.
“Da ultimo mandò loro il proprio figlio”: la Nuova Alleanza
La terza immagine della parabola è fin troppo chiara. Gesù anticipa qui la sua fine, ormai imminente: “lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero”. Quella che è stata la storia del rifiuto da parte del popolo di Israele, è anche la storia nostra, delle nostre comunità di battezzati: incapaci di prendere sul serio l’annuncio del Regno di Dio; incapaci di entusiasmo nel sentirci coinvolti dall’abbraccio di amore di Dio che ci salva nel Figlio. Questa è la ferita, il danno prodotto in noi dalla cultura di oggi riguardo alla natura dell’uomo, a ciò che si intende per uomo: qual è la sua verità, il senso del suo esistere. Ci siamo lasciati illudere che fosse sufficiente sapere di più per vivere meglio; abbiamo dimenticato e trascurato la Grazia di Dio: intervento radicale che consente all’uomo, rigenerato nel Figlio, di scoprire la sua umanità secondo Dio, di intendere se stesso in relazione a Dio per grazia, di capire e accettare per grazia il suo essere figlio a immagine del Figlio Gesù.
“Uccidiamolo e avremo noi l’eredità”
L’eredità non si prende, non si ruba, non si conquista; per essere eredi, bisogna essere figli. Sembra quasi che il nostro essere figli di Dio non solo lo capiamo più, ma ci dia fastidio.
Pessimismo, allora?
No. La conclusione della parabola è un’iniezione di fiducia e di speranza. “Cosa farà il padrone della vigna a quei contadini?” Chi è fuori dal rapporto di Alleanza, di figliolanza, risponde: “Li farà morire miseramente”. Gesù, che è saldamente e profondamente Figlio di Dio, risponde: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo”. Su Gesù, se lo prendiamo come pietra angolare, possiamo ancora provare a costruire una vita che sappia di umanità vera.