Le letture della XXVIII Domenica del Tempo Ordinario sono disponibili al seguente link, cliccando qui.
Riflessione
La prima e la seconda lettura suggeriscono due parole a cornice della riflessione che faremo: Sapienza e Parola. Sono un dono grande di Dio (Grazia) per condurci a cercare e scoprire la nostra vera identità.
“Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli” (vangelo)
Il Vangelo di oggi ci mette davanti di nuovo Gesù che rovescia, fino a capovolgerla, la logica dei suoi discepoli (noi!) e, di fronte a Lui, i discepoli che non riescono a capirlo (o si rifiutano di farlo?).
“Un tale gli corse incontro e si gettò in ginocchio” (vangelo)
Il correre segnala un’emergenza, la situazione di uno che non ce la fa più: si sente schiacciato e ha fretta di essere liberato; sa che la persona verso cui corre (Gesù) può trasformargli la vita in bene.
Quel tale che corre incontro a Gesù è un uomo ricco e anche molto religioso; però sente che il senso della sua vita gli sta sfuggendo: chiede aiuto per dare alla sua vita valore eterno, non più minacciato dall’incombere della morte.
“Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?” (vangelo)
“Maestro buono”: Gesù risponde rimandando quell’uomo alla bontà di Dio; al segno di questa bontà che sono i Comandamenti (Esodo). “In eredità” per ereditare non bisogna “fare”, bisogna “essere figli”; bisogna appartenere a qualcuno. “Vieni, seguimi”: scegli di appartenere a me, per riscoprire e vivere insieme con me il tuo essere figlio di Dio.
Gesù riporta in evidenza “la Parola”, la “seconda tavola” dei Comandamenti: quella che delinea le scelte nei rapporti umani. E’ come se dicesse: “Se appartieni a Dio, pensa e vivi la tua vita in rapporto con il prossimo; smetti di pensarla in funzione di te stesso, mettendo al centro i beni materiali”.
Nell’Alleanza, Dio non chiede di “fare qualcosa per Lui”; l’Alleanza parla di appartenenza: dice identità, dice di chi è la mia vita, a chi appartengo, chi è il mio Signore.
Ecco “la Sapienza” che fa capolino: da cosa dipende che la mia vita abbia un senso o non lo abbia? Dipende dalle cose che posseggo, dalle mie forze nel conquistarle? (vita biologica). Dipende dalle mie capacità: intelligenza, volontà, libertà? (vita psichica). Oppure è un dono ricevuto da Dio: è vita da figlio di Dio?
Se ritengo la mia vita un dono, l’unico modo di darle significato è viverla donandola. In alternativa, a lungo andare, il possedere ci rimanda esclusivamente a noi stessi: né al prossimo, né a Dio; ci viene a mancare l’essenziale: il nostro essere figli.
“Egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni” (vangelo)
Alla fine dei conti, la misura giusta della vita e il segno del suo significato è la felicità; sono segnali molto preoccupanti la rabbia e la violenza, l’etilismo e la tossicodipendenza, la febbre del gioco, la depressione psichica(ecc.): preoccupanti e tragicamente sempre più diffusi.
“I discepoli” (noi!)
Gesù, guardandoli in faccia” dice loro: “Ricchezza è la Grazia, il dono che Dio vi fa di essere figli; ricchezza è entrare nel Regno di Dio, nel rapporto con Lui”.
Pietro, un po’ meschinamente, dice: “Abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito. E adesso, in cambio?” Gesù gli risponde: “In cambio avete già ora una vita che è piena di ricchezza vera, di significato umano, perché è vita donata. Si trasformerà in vita che conserva valore in eterno”.