Le letture della XXX Domenica del Tempo Ordinario sono disponibili al seguente link, cliccando qui.
Riflessione
“Chi si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato” (vangelo)
“O Dio, che sempre ascolti la preghiera degli umili” (colletta)
Proviamo a mettere le due persone che “salirono al tempio a pregare” dentro la cornice di queste frasi.
Coi tempi che corrono (e non sono bei tempi nemmeno da questo punto di vista!), cominciamo col dire che “salire al tempio” (cioè andare in chiesa ogni settimana per la Messa) continua ad essere giusto e doveroso: Gesù non invita certo a non farlo!
Dunque due persone: il fariseo e il pubblicano.
Il pubblicano
Il suo peccato è evidente davanti a tutti: pretende le tasse in nome dei romani (pagani e invasori stranieri che opprimono il popolo). Sicuramente approfitta di questa situazione, aumentando le tasse per trarne il suo guadagno. È talmente peccatore che non ha la possibilità di nascondere il suo peccato. Verrebbe da dire: “Chissà perché sale al tempio?”; in realtà riesce a malapena a superarne la soglia e a mormorare una preghiera. Sa di non essere in grado di vivere nella giusta relazione con Dio e con il prossimo. Non ha neppure la possibilità di assumere un impegno di conversione.
Il giudizio di Gesù è strabiliante: il pubblicano “torna a casa giustificato”.
Il fariseo
La posizione che assume e le parole della sua preghiera esprimono la convinzione di essere molto vicino a Dio, a motivo del suo impegno a non commettere peccati e della sua osservanza scrupolosa della legge: digiuna più del previsto, consegna la decima parte dei suoi guadagni (più di quanto esige la legge); ritiene di non aver nulla da spartire con il resto degli uomini, che rubano e commettono ingiustizie (tanto meno con il pubblicano!).
In realtà, dice Gesù, il peccato è presente nella vita del fariseo, e non è un peccato di poco conto: per lui lì (nel tempio di Dio!) Dio è assente, perché il fariseo ha messo se stesso al posto di Dio; la sua preghiera ha al centro se stesso; pregando, ascolta se stesso.
Il giudizio di Gesù è drastico: il fariseo “non torna a casa giustificato”; non ha concesso a Dio Padre lo spazio per consentirgli di donare la giustizia che, perdonando, rinnova la vita da figli nati dal Battesimo. Ha nascosto a se stesso e a Dio la sua povertà; ha commesso il peccato più irrimediabile (la superbia).
Davanti a Dio bisogna andarci non per esibire la nostra (presunta!) giustizia, ma perché profondamente convinti di aver bisogno di perdono e di misericordia.
“Fa’ che ci apriamo con fiducia alla tua misericordia, che da peccatori ci rende giusti” (colletta)