Le letture della XXXIII Domenica del Tempo Ordinario sono disponibili al seguente link, cliccando qui.
Riflessione
La possibilità di riflettere sulle letture di questa domenica è legata alla comprensione corretta di una parola: Apocalisse; è la parola che dà il titolo all’ultimo Libro della Bibbia. Le letture non vengono direttamente da lì, ma il profeta Daniele (prima lettura) e Gesù (vangelo)usano un linguaggio apocalittico. Letteralmente “Apocalisse” non significa l’accumularsi di disgrazie nella vita e nella storia degli uomini; significa “rivelazione”, con la quale Dio desidera aiutarci a leggere e a vivere tutti i momenti difficili e problematici della nostra vita e della nostra storia.
“In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo” (vangelo)
Sono stati momenti difficili (ad esempio) il tempo dell’esilio a Babilonia per il popolo di Israele (Daniele), il tempo della Passione e Morte per Gesù, il tempo della persecuzione per le prime comunità cristiane (vangelo); per molte comunità cristiane, anche quelli presenti sono tempi difficili e di persecuzione.
Sono stati e sono tuttora tempi difficili per tante persone: guerre, povertà, malattie, morte; lo sono, prima o poi, per tutti noi.
Tempi ed esperienze angoscianti, che fanno sentire impotenti a determinare un corso degli eventi che sia più consolante.
“Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria”
È come se queste vicende (e l’angoscia che ne deriva) creassero una specie di nebbia che ci impedisce di individuare con chiarezza i punti di riferimento per uscirne. Dio ci rivela da chi è realmente guidata la storia, a chi dobbiamo fare riferimento; ci libera da un inganno: pensare che la storia sia definitivamente nelle mani di chi, con prepotenza, presume di esserne padrone. Invece c’è una verità nascosta che ci viene rivelata e che può generare speranza in chi è nell’angoscia: siamo nelle mani di un Dio che ci ama! C’è un Signore che viene!
Dobbiamo, anzi tutto, chiederci: “Che cosa ci angoscia? Come affrontiamo l’angoscia? Quanto c’entra la fede nel rispondere a questi interrogativi? Quanto, al contrario, ci affidiamo a meccanismi umani e illusori per difenderci ed esorcizzare l’angoscia? Questi meccanismi sono fondamentalmente due: vivere come se fossimo padroni del tempo, puntando tutto sul “fare” e sul “possedere”; trascorrere il tempo della nostra vita in modo spensierato e trasgressivo (“carpe diem”).
“Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno” (vangelo)
Anche noi cristiani corriamo il rischio di non riuscire più a discernere (capire) quello che il Signore ha detto e continua a dire alla storia nostra e dell’umanità: la nostra storia non ha in se stessa la sua ragione di essere; per questo Dio ci chiama a un rapporto di Alleanza: iniziato con la creazione, ricostruito con la Redenzione; siamo incamminati verso un compimento che il Signore stesso realizzerà per noi.
“Quelli che dormono si risveglieranno… i saggi risplenderanno” (prima lettura)
Gesù Cristo ci ha liberato: non siamo più schiavi della nostra natura mortale; non dobbiamo più cercare da soli il senso della nostra vita, attingendo a quello che appare potente, ma è provvisorio; il “soffio vitale” di Dio (lo Spirito Santo) ci ha fatti tornare ad essere figli di Dio; possiamo attingere la forza della vita da Dio, che ci ha rigenerati come figli: perché Dio è per noi Padre.
Proprio la fragilità e la precarietà di tutto ciò che è umano ci fanno capire che solo Dio e la comunione con Lui possono essere fondamento vero, che resiste a tutto.
Nell’ora della Crocifissione, anche per Gesù tutto scricchiola e trema, ma la sua relazione di Figlio con il Padre rimane ferma e fedele; così Gesù diventa il “Figlio dell’uomo che viene sulle nubi con grande potenza e gloria” (vangelo).
“Dalla pianta del fico imparate la parabola” (vangelo)
Fuori da questa comunione con Dio, qualsiasi nostro tentativo di rispondere alle nostre angosce rende ancora più spessa “la corteccia” tra il presente e il futuro; ci impedisce di vedere (con saggezza) il senso della vita, degli eventi, degli incontri.
“Accresci in noi la fede, ravviva la speranza, rendici operosi nella carità, mentre attendiamo la gloriosa manifestazione del tuo Figlio” (colletta).